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Bagno in Romagna - Abazia di Bagno (S. Maria) - Bagno di S. Agnese - Acque minerali

 

(Bagno)

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    ABAZIA DI BAGNO in Romagna, ora pieve e propositura della Terra di S. MARIA di BAGNO, sul rovescio dell’apennino di Camaldoli, nella sinistra ripa del fiume Savio, Comunità e Giurisdizione della Terra dentro la quale risiede, già parte della Pentapoli donata da Pipino ai pontefici, nella diocesi anticamente di Sarsina, poi Nullius, attualmente di Sansepolcro, Compartimento di Firenze.
    La più antica memoria che si conosca relativa a questo luogo è una Bolla dell’871, con la quale Adriano II concede in benefizio a Giovanni vescovo di Arezzo, sua vita natural durante, la chiesa di S. Maria nel territorio di Bagno di giurisdizione di S. Pietro, a condizione di costruirvi un monastero sotto la Regola di S. Benedetto, assegnandogli in dote la selva del superiore apennino, nei confini del territorio aretino, stata poco innanzi donata dallo stesso vescovo alla Santa Sede. Ordina nel tempo stesso che il fonte battesimale dalla chiesa di S. Salvatore sia traslocato in quella di S. Maria per essere in mezzo alla
    Massa ossia territorio di Bagno, luogo detto Acquacalda; e che, dopo la morte del vescovo soprannominato, il nuovo monastero Benedettino sia immediatamente soggetto alla Sede Apostolica. – Se una tale deliberazione avesse effetto, non vi è documento posteriore che ne lo assicuri. Certo è che nel secolo XII in vece dei monaci esistevano a S. Maria in Bagno i canonici preseduti da un pievano arciprete, i quali secondo l’uso di quella età conducevano vita comune e regolare. Allora la pieve di Bagno era matrice di molte chiese di quella valle, contrastate però dalla Badia Camaldolense del Trivio, segnatamente per quelle di S. Salvatore a Donicilio, di S. Niccolò a Mazzi e di S. Paolo presso Monte Granelli, ad onta di vari Brevi pontificii emanati nel 1136, 1156, 1181, 1193
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    e 1226 a favore degli arcipreti di Bagno. – Finalmente dopo una permuta fatta nel 1298, col consenso di Bonifazio VIII, dai conti Guidi signori di Bagno, relativamente al padronato che essi godevano di questa pieve, a favore del priore ed eremiti di Camaldoli, ricevendone in concambio il castello di Soci nel Casentino, fu d'allora in poi la chiesa di Bagno dipendente dal superiore del Sacro Eremo, che la convertì in un priorato Camaldolense, ad esso immediatamente soggetta, sino a che con Bolla di Sisto IV del 1480 il priorato fu eretto in Badia sotto la regola di Camaldoli. Fu dichiarata nuovamente Nullius Dioecesis da Gregorio XIII (anno 1577) e da Urbano VIII (anno 1635) abbenchè da Leone X fosse stata assoggettata alla diocesi di S. Sepolcro, cui finalmente restò aggregata la sua propositura. È amministrata da un pievano secolare, dacché ebbe luogo la soppressione di questo monastero, accaduta nel 1810.
    Alla quale arcipretura non restano attualmente che tre parrocchie filiali, cioè, la prioria di S. Salvatore a Corce Santa, quella di S. Silvestro a Fontechiusi e la cura di S. Bartolommeo a Vessa. – La chiesa di una sola navata é assai decente e piuttosto vasta con sette cappelle per parte, e alcuni buoni quadri, fra i quali quello di S. Romualdo e di S. Pier Damiano, che porta il nome del priore Camaldolense che l'ordinò nel 1568. Fu internamente restaurata nel secolo XVIII, ma la facciata conserva l'antica sua architettura, e sembra opera del secolo XV, forse contemporanea alla costruzione del contiguo monastero, il di cui chiostro è circondato da un ampio loggiato. – Nel 1287 vi fu traslatato solennemente dal vicino monastero di S. Lucia il corpo della Beata Giovanna monaca Camaldolense. Nel 1355 si tennero nella canonica della pieve di Bagno i Comizi generali della
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    Congregazione di Camaldoli. (Annuario Camaldolense). – Vedere BAGNO Terra.

    BAGNO in Romagna, nella Valle del Savio. Piccola Terra murata con borgo annesso, capoluogo di Comunità e di Vicariato, nella Diocesi di S. Sepolcro, già
    Nullius, in origine di Sarsina, Compartimento di Firenze.
    Risiede sulla schiena dell’Appennino di Camaldoli in un profondo vallone solcato dal fiume Savio che rasenta le mura di Bagno dal lato orientale, nel grado 29° 37’ 15” longitudine e 43° 50’ 14” latitudine, un miglio e mezzo a ostro della Terra di S. PIERO in BAGNO, 14 miglia toscane a libeccio di Sarsina, 28 miglia toscane (
    ERRATA: a scirocco) a maestro di Sansepolcro, e circa 55 miglia toscane a levante di Firenze. Apparteneva Bagno nei tempi della Romana Repubblica e del successivo Impero all’Umbria Sassinatense, ed alla tribù Sapinia, nomi entrambi forniti dalla città di Sarsina e dal fiume Sapis, volgarmente il Savio, quello stesso che per lunghi giri, innanzi di vedere Cesena e l’ Adriatico, si rivolge nel territorio di Bagno, lambendo intorno al monte Comero che ha sempre a destra, mentre a sinistra lo fiancheggia il dorso dell’Appennino di Camaldoli.
    Dopo la caduta del R. Impero sino a quella del Regno Longobardo sembra che il distretto di Bagno continuasse a far parte dell’Esarcato di Ravenna, tanto nella temporale quanto nella ecclesiastica giurisdizione. – La menzione più antica che ci richiami a questo fatto trovasi nel Codice Carolingio, e più specialmente nella Lodoviciana, dove si rammenta il territorio e la
    Massa di Bagno fra le 12 Terre della Pentapoli state donate da Pipino ai Pontefici. Infatti uno di questi (Adriano II) nell’anno 871 concedè a Giovanni vescovo di Arezzo la pieve di S. Maria situata nella Massa di Bagno, che sin d’allora si
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    diceva all’ Acqua Calda, di giurisdizione della corte Romana; e ciò a condizione che il vescovo aretino dovesse erigere nella pieve di Bagno un monastero immediatamente soggetto alla Sede Apostolica, permettendo soltanto all’antico Ordinario di Sarsina facoltà di esercitare in Bagno l’ufizio episcopale, quando però ne fosse invitato dall’abate del luogo. Contemporaneamente a ciò il pontefice Adriano destinava in dote al nuovo monastero di S. Maria in Bagno, fra le altre possessioni una selva situata nel giogo del sovrastante Appennino, dentro però il distretto del contado Aretino, la quale selva era stata già donata dal vescovo Giovanni alla corte di Roma. – Da un tal fatto risultano pertanto due notizie importanti la geografia politica di questa contrada in quell’età; una cioè che dimostra la provincia dell’Umbria Sarsinatense appartenente alla Pentapoli: l’altra, che questa stessa provincia di Bagno continuava anche nel secolo IX come ai tempi romani a servire di confine fra gli Aretini e l’estrema regione degli Umbri, e conseguentemente che la giogana dell’Appennino era sempre il limite naturale e politico fra la toscana e la Romagna dell’Esarcato.
    Un altro rilievo concernente la parte fisica sarebbe quello della preesistenza delle acque termali che diedero il nome alla Terra e all’antica pieve di Bagno. Ciò che a parer nostro avvalora la congettura da altri prima d’ora messa in campo, che alle Terme del Bagno in questione volesse riferire Marziale nell’epigramma 59 del libro IX, il quale paragonò le acque di Sarsina a quelle celeberrime di Baja. Sì fatta opinione tanto più si accosta al vero, in quanto che non si trovano, nè si sa che esistessero mai nel territorio Sassinate altre sorgenti termali di qualche grido, oltre quelle da cui ebbe nome e sorse in fama la Terra di Bagno.
    Le vicende politiche di questo paese nei secoli
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    posteriori al documento annunziato lasciano grandi lagune per concatenarne la sua storia, essendochè la medesima a lunghi intervalli si riaffaccia fra le memorie superstiti. – A queste appartiene un diploma del Re Ugo con la data dell’anno 928, mercè cui fu accordato con titolo di feudo a un tal Giorgio del territorio di Bagno il paese medesimo con altri luoghi delle Diocesi di Sarsina e di Montefeltro. Di un’altra porzione della stessa contrada dispose Ottone I nel 963 a favore di altro potente Alpigiano per nome Gunfredo, cui cedè gran parte dell’Appennino fra Montefeltro, la Badia Tedalda e il Trivio sino ai confini orientali di Bagno. (Vedere BADIA TEDALDA) Sarebbe difficile il rintracciare, se da alcuno di cotesti feudatari di Ugo o di Ottone facesse passaggio per eredità o per altre donazioni, il territorio di Bagno nei conti Guidi di Modigliana; i quali insieme con altri conti e duchi dell’esarcato trovansi a dominare nella Romagna Granducale sino dal secolo XI. – Vedere MODIGLIANA.
    Pochi documenti del medio evo, oltre i diplomi imperiali di Arrigo VI e di Federigo II a favore dei conti Guidi, furono resi di pubblica ragione relativamente a questa parte di Appennino; quindi la sua storia restò oscura sino a che non tennero costà piè fermo le armi della Repubblica fiorentina dopo espulsi i Conti Guidi, e quindi i Gambacorti, gli uni come fautori dei Visconti di Milano, gli altri degli Arragonesi di Napoli.
    Una delle più antiche carte depositate nelle Riformazioni di Firenze consiste in un istrumento di divise fra i quattro figli del conte Guido Guerra, stipulato nel 1225, in Firenze nel palazzo de’Conti Guidi. Con esso fu assegnata a favore di uno di loro (Marcovaldo) la quarta parte dei vassalli e giurisdizioni sul castello di Bagno, la rocca di Corzano, ec.
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    Questo stesso dominio venne confermato nel 1230 ai figli pupilli del fu conte Marcovaldo in mano del loro tutore nella divisione finale del patrimonio di quella casa, per istrumento rogato nel palazzo della Signoria di Firenze.
    Sortiti dalla minor’età Guido Guerra II e Ruggiero figli del Conte Marcovaldo, mentre stavano nel piano di Castellina (fra S. Piero e la Terra di Bagno) fecero, nel 1253, nuova quietanza col Conte Guido Novello di Modigliana e col Conte Guido di Romena loro cugini; e l’anno dopo nella pieve di S. Maria di Bagno, li 5 aprile, uno di essi, (Ruggiero) ratificò l’istrumento di vendita fatta dalla consorteria de’Guidi del castello di Montemurlo a favore del Comune di Firenze. Nel 1270, ai 17 settembre risedeva nel borgo di Bagno il Conte Guido Novello nipote di Marcovaldo, quando nominava il potestà per le sue terre di Val d’Ambra. – Nell’anno 1274 il conte Guido Salvatico fratello del prenominato comprò il castello di Vessa insieme con i vassalli di gleba dai Signori di
    Monte Corbo, e nel 1286 ottenne dal Vescovo di Sarsina il giuspadronato della chiesa di S. Leonardo e S. Andrea di Vessa.
    Al cadere del secolo XIII governava il paese di Bagno il Conte Guglielmo figlio e successore dello stesso Conte Guido Novello, il quale con atto pubblico del gennajo 1298 rinunziò agli eremiti di Camaldoli il giuspadronato della pieve e arcipretura di S. Maria in Bagno ricevendone in cambio il castello di Soci nel Casentino. – A partire da quest’ultima epoca la giurisdizione spirituale di Bagno e la nomina dell’arciprete di S. Maria incominciò a dipendere dal maggiore del S. Eremo, il quale destinò la canonica di Bagno per la convocazione di un Capitolo gen. di Camaldolensi ivi tenuto nel 1355. –
    Vedere ABAZIA di Bagno.
    Risiedevano allora nel
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    Borgo di Bagno i fratelli Galeotto e Riccardo figli del fu conte Guglielmo di Modigliana, dove, a dì 18 maggio 1353, ratificarono le convenzioni di pace fra la Repubblica fiorentina, e l’arcivescovo di Milano, e loro aderenti.
    Erano pertanto i Signori di Bagno discendenti di quel conte Guido Novello di parte ghibellina, fautori ora segreti ora palesi dei nemici del governo di Firenze, e costantemente ligj alla fortuna dei Visconti di Milano, per cagione de’quali fu lungo tempo in pericolo la sorte politica della Toscana. – Già una gran parte di questa era, o sotto la raccomandigia, o direttamente soggiaceva al loro dominio, quando la morte del duca Gio. Galeazzo (anno 1402) mutò aspetto alle cose. Fu allora che i Fiorentini rivolsero contro i conti Guidi di Romagna una parte dei loro eserciti condotti da Jacopo di Alamanno Salviati, ch’era uno dei dieci di Balia. Incominciò la spedizione a rivolgersi a S. Maria in Bagno, la quale Terra sotto alcuni patti fu la prima ad arrendersi nel 1404, e quindi tutte le altre castella e fortezze, che in cotesta contrada il conte Guido, con Pietro e Riccardo suoi nipoti tenevano dai loro avi, ne imitarono l’esempio. (AMMIR.
    Istor. Fior.)
    Due anni dopo, all’occasione della capitolazione e resa di Pisa, fu ceduto dai Fiorentini a Giovanni Gambacorti il territorio di Bagno con la rocca sopra Bagno (
    la Castellina) Castel Benedetto, la rocca di Corzano, il Borgo di S. Piero in Bagno, Careste, Monte petroso, Facciano, Rondinaja, Val d’Agneto, Castel dell’Alpi e Larciano, obbligando il Gambacorti al tributo del palio e a non ricevere nei suoi dominii ne’ ribelli ne’ banditi della Repubblica. (l. cit.) – Trovavasi la signoria di Bagno nelle mani di Gherardo figlio del Gambacorti summenzionato, allorchè costui dalle
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    promesse fatte dal padre al Comune di Firenze tentò di esonerarsi, cogliendo l’occasione della venuta in Toscana di un esercito che il Re Alfonso di Napoli spediva ai danni della Repubblica fiorentina.
    Il Gambacorti aveva già concesso fortuitamente quasichè la possessione di tutto il contado di Bagno al commissario dell’Arragonese; a cui solamente mancava d’insignorirsi della rocca di Corzano, quando un cittadino pisano, Antonio Gualandi giovane ed animoso, non potendo sì fatto tradimento sostenere, e conosciuta la mala contentezza del popolo e de’soldati che vi erano a guardia, spinse Gherardo fuori della rocca, e al presidio comandò che a sì disleale e malvagio signore le porte sul volto gli serrassero. La qual cosa intesa in Bagno e ne’luoghi vicini, ciascuno prese l’armi contro gli Arragonesi, che di là a furia di popolo furono cacciati.
    Quest’avventura, come fu intesa in Firenze, si mandarono tosto di là genti in Romagna, che il paese per la Repubblica difendessero, e quello stato che per il Gambacorti si governava in Vicariato riducessero. (MACHIAVELLI
    Istor. Fior.)– Da quell’epoca in poi i popoli del Vicariato di Bagno si tennero costantemente fedeli seguaci degli eventi politici di Firenze, del cui Compartimento continuano anche oggidì a far parte.
    Non devesi confondere la Terra di S.
    Maria in Bagno dall’altra sua vicina di S. Piero in Bagno, per quanto situate entrambe lungo il fiume Savio, e questa più grande e meglio anche fabbricata della prima, che è il capoluogo e la residenza del Vicario Regio, del Cancelliere Comunitativo, dell’Ufizio del Registro, e dentro la quale si trova il Bagno delle acque termali.
    Le
    Acque calde di Bagno scaturiscono da uno schisto calcareo argilloso alle falde di una diramazione dell’Appennino che staccasi in linea trasversale dal giogo di Prataglia.
    Fra i molti scrittori delle
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    Terme che trattano di queste di Romagna, sono da annoverarsi, fra i più antichi, Gentili da Fuligno, Savonarola, Ugolino da Montecatini, Mengo Faentino, al quale ultimo io credo si debba il primo avviso dello sviluppo di un gas infiammabile dalle acque di Bagno, avviso ripetuto posteriormente nel trattato delle Terme dal Bacci, e dopo esso dal Falloppio e da qualche altro.
    Fra i più moderni si contano il medico Vaccai, il naturalista ab. Soldani, e sopra tutti il chiarissimo professore Antonio Targioni Tozzetti, che nel 1828 illustrò queste Terme con un trattato pubblicato in Firenze sulla storia e su i resultamenti da esso ottenuti mercè diligentissime analisi delle Acque di Bagno e dei suoi fanghi. – Anche alle Terme di Romagna fu dato come a quelle di Chianciano, il nome di S. Agnese, derivatole probabilmente da un’altra vergine Romagnola, che visse nel secolo XII nell’asceterio di S. Lucia situato nel borgo orientale di Bagno.
    L’Antica fabbrica de’Bagni, all’epoca in cui la contrada fu riunita al dominio della Repubblica fiorentina, fu data liberamente al Comune di Bagno. Allora consisteva in tre vasche diverse, una detta della
    Torre, che serviva per uso di doccia, ed era meno calda dell’altro Bagno chiamato di Mezzo, il quale usavasi per immersione nei mali cutanei; mentre il terzo dicevasi delle Donne, quasi fosse riserbato alle malattie muliebri; e questo per l’efficacia delle sue Acque, dal Mengo venne paragonato al Bagno della Villa nel Lucchese.
    Posteriormente a quell’età fu data una nuova disposizione allo stabilimento, costruendovi 4 vasche diverse, appellate di
    S. Agnese, di Mezzo, delle Docce e del Fango.
    In conseguenza del regolamento generale dei 19 settembre 1774 relativo ai possessi di manimorte, ancora questo stabilimento fu dato ad enfiteusi a un privato, il quale in pochi anni, coadiuvato
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    dalla munificenza sovrana, fu messo in grado di erigere un più grandioso e più regolare edifizio. Esso attualmente è corredato di 12 bagnetti con tinozze di marmo bianco, una delle quali è destinata per le docce.
    Le scaturigini termali sono raccolte per la maggior parte in un cratere suddiviso in due gran vasche coperte da volta, dalle quali l’acqua s’introduce per sotterranei condotti nei vari bagnetti, meno che in due, i quali hanno una sorgente termale immediata e loro propria. – Una delle principali polle è condotta al disopra del livello del cratere mediante un tubo che somministra l’acqua a chi volesse usarla in bevanda.
    L’edifizio è corredato di varie camere a terreno, alcune delle medesime servono di tepidario contiguo ai bagnetti. Il piano superiore è distribuito in quartieri decentemente mobiliati per servizio dei bagnanti. – Presiede a queste terme una deputazione composta del Gonfaloniere e di altri due contabili delle terra di Bagno, cui è addetto uno zelante e dotto medico nella persona del dottore Cammillo Zannetti.
    L’immersione e contatto di quest’acqua arreca ai corpi morbidezza e lubricità; alla sorgente essa è leggerissimamente opalina; limpida e cristallina col riposo, senza abbandonare alcuna benchè minima sostanza, mentre sviluppa piccole bollicelle di gas, che dal fondo salgono e si perdono alla sua superficie. In stato di quiete l’acqua termale non ha odore alcuno; altronde al cratere accenna, benchè delicatamente, quello d’idrogene solforato. Quest’odore ha indotto molti a riguardare d’indole solforosa le acque di Bagno, sebbene lo impedisca la loro temperatura, la quale alla principale sorgente è di 33° 2/3 Réaumur; e di 35° a quella delle due polle de’bagnetti speciali.
    Il resultato ottenuto dal professore Targioni Tozzetti nelle analisi delle Acque di Bagno si riduce alle seguenti sostanze:

    Ogni piede cubico d’acqua tiene in dissoluzione 36 pollici cubici di un gas misto e composto di

    Acido carbonico
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    0,1188
    Aria atmosferica 0,2057
    Azoto in eccesso 0,0355
    Totale 0,3600

    Gas in stato libero.

    Gas idrogene solforato circa 1/48 del volume dell’acqua, con una piccolissima quantità di gas idrogene unito all’idrogene carbonato.

    Sostanze fisse contenute in cento libbre di acqua termale:

    Carbonato di soda,
    grani 458,03
    Carbonato di calce,
    grani 13,04
    Carbonato di magnesia,
    grani 6,52
    Idroclorato di soda,
    grani 104,32
    Solfato di soda,
    grani 58,68
    Silice e materia pseudorganica,
    grani 11,41
    Totale,
    grani 652,00

    Donde consegue che le acque di Bagno non solo entrano nella serie delle acque Termali
    alcaline, ma dai resulatamenti analitici sopraindicati vi è ragione di concludere con il prelodato professore Targioni Tozzetti esservi molta analogia fra le Terme Balnensi e quelle di Mont d’or, di Vichy, di Plombières in Francia; e più precisamente ancora con le tanto celebri di Acquisgrana.
    Le acque di Bagno sono di una assicurata efficacia in molti casi morbosi. Usate per immersione giovano costantemente a curare le malattie occasionate da una soppressa o alterata traspirazione, quindi a estirpare le affezioni reumatiche, artitriche, i dolori vaganti o fissi, gl’ingorghi e rigidezze delle articolazioni, l’ischiade, le paralisi provenienti da moderati attacchi di apoplessia, ec. Una però delle principali virtù attribuite a quest’acqua termale, si è quella di vincere la scabbia anche la più ribelle ed ostinata, e molte altre impetigini di varia natura.
    Per bevanda unita all’immersione e alla doccia, essa è atta a distruggere gl’infarcimenti ed ingorghi glandulari, linfatici e scrofolosi, come pure a mitigare e talvolta a vincere un gran numero di ostruzioni e ristagni de’visceri. Inoltre usata in bevanda è dimostrata aperitiva, diuretica e quindi giovevole contro i calcoli, le renelle ed altre affezioni delle vie orinarie.
    La situazione del paese, se non offre comodità di strade, né
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    un clima temperato, onde profittare delle Terme Balnensi durante le stagioni di primavera e di autunno, sono altronde i forestieri assai bene ricompensati dall’ospitalità e cortesia degli abitanti, da un aere balsamico che costà si respira, da acque leggerissime potabili, dal copioso prodotto della caccia e pastorizia, non che dall’aspetto romantico che offrono i valloni del circostante Appennino fra le acque spumanti da precipitose rupi, rivestite intorno da sempre verdi maestose foreste di faggi, di castagni e di abeti.
    Comunità di Bagno. – Il territorio di Comunitativo di Bagno occupa una superficie di 68532 quadrati, 2000 dei quali sono esenti dall’impostazione fondiaria, per essere occupati da strade pubbliche e da corsi di acqua, con una popolazione di 6399 abitanti equivalenti a circa 76 individui per ogni miglio quadrato.
    Con Motuproprio dei 19 agosto 1775 relativo alla nuova organizzazione della Comunità di
    Bagno, furono ad essa incorporate 13 antiche Comuni, cioè : 1. Bagno S. Maria 2. Corzano, o S. Piero in Bagno; 3 Castel Benedetto; 4. Careste; 5. Facciano; 6. Monte Granelli; 7. Poggio alla Lastra; 8. Rio Petroso; 9. Rondinaja; 10. Selva piana; 11. Valbona; 12. Ridracoli; 13. Vessa.
    Il territorio attuale di Bagno confina con sette comunità del Gran Ducato e in gran parte dal lato di settentrione e di grecale con lo stato pontificio. – A partire dal torrente
    Para, un miglio innanzi che si vuoti nel Savio, tocca a levante la Comunità di Verghereto, con la quale rimonta il torrente medesimo per quasi un miglio e mezzo; quindi volgendosi dal lato di scirocco sale il monte Comero, di dove piegando a libeccio lungo il
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    fosso Melagamba ritorna nella valle superiore del Savio, il qual fiume attraversa, per quindi salire al Castellare dell’Alpi, e di là al Bastione. Quivi trova la Comunità di Chiusi casentinese, con la quale percorre per due miglia il crine dell’Appennino di Corezzo, al di là del quale subentra la Comunità di Poppi lungo la selva di Prataglia e il giogo di Secchetta, al qual punto riscontrasi con la Comunità di Pratovecchio.
    Costà, dopo aver traversato il
    prato al Soglio, confine fra la Toscana e la Romagna, segnato nel Diploma dell’Imperatore Carlo IV a favore dei Camaldolensi, corre lungo la macchia dell’Opera. (ERRATA: Al poggio Mocali) Al poggio Scali volge a ponente e trova la Comunità di Premilcuore per il tratto di circa un miglio toscano e quindi quella di S. Sofia, con la quale percorre un cammino di circa 14 miglia toscane scendendo lungo il contrafforte che ad angolo retto diramasi dall’Appennino di Camaldoli fra le gole del Bidente di Strabatenza e di quello di Ridracoli, ossia di Valbona. Al fosso di Ridracoli forma un angolo sporgente, piegando da maestro a Levante, e di là per val della Villa volge a settentrione, dove ripassa il fosso preaccennato, intorno alle pendici settentrionali dell’ Alpicella.
    Quivi fa un angolo rientrante sino alla voltata della strada comunitativa che guida alla torre di Rondinaja, dove varca il Bidente per salire il monte Gignolo; indi piegando a greco, tocca per breve tratto lo Stato Pontificio, e poscia per un altro mezzo miglio ritrova la comunità di S. Sofia, che abbandona sulla strada di Fonte Paolina, presso a S. Uberto. A questo punto per
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    termini artificiali costeggia lo Stato della Chiesa, dirigendosi con angolo sporgente a settentrione pel fianco occidentale del monte Mescolino, sino al torrente Borello, il cui alveo serve di confine alla Comunità stessa e al Granducato. Costà dopo un miglio abbandona il torrente medesimo per rivolgersi quasi in linea retta da settentrione a ostro sul fianco orientale del monte Mescolino, alla cui base s’incontra nella Comunità di Sorbano; lungo la quale costeggia il fosso di S. Biagio sino allo Stato Pontificio, alternando ora con questo, ora con quella, sino a che dopo girato intorno ai poggi di Ruscello e di Sajaccio per tre miglia, ritrova il fiume Savio. Con esso scende per breve tratto incontro alla confluenza del torrente Para, il quale rimonta cammin facendo per un miglio verso il poggio di Donicilio, dove abbandona il territorio Pontificio e ritorna a confine con la Comunità di Verghereto.
    Il territorio comunitativo di Bagno è quasi tutto occupato dai monti che si diramano per il lato di ostro-libeccio dall’Appennino centrale, e segnalatamente dal Bastione e dal monte Calvano, fra l’Alvernia e Camaldoli, mentre dal lato opposto s’innalzano i monti Comero e Mescolino, il primo a 2069 braccia e il secondo a 1656 braccia sopra il livello del mare.
    Pochi ed angusti sono i piani de’valloni solcati dai vari torrenti e fiumi compresi nel territorio di Bagno; ed è la maggiore pianura quella dove risiede S. Pietro in Bagno.
    Il fiume Savio, che nasce nella Comunità di Verghereto, percorre quella di Bagno per un tortuoso tragitto di circa 10 miglia, tre delle quali da scirocco a maestro sino a Bagno passando fra l’Appennino del Bastione e il monte Comero, tre altre miglia toscane
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    nella direzione di greco settentrione sino al casale di Crocesanta, dove il corso del fiume piega a levante verso la confluenza del Para. – Scendendo dall’Appennino di Prataglia e da quello contiguo dell’Eremo di Camaldoli lungo le valli di Valbona e di Strabatenga i due Bidenti, i quali abbandonano la Comunità di Bagno innanzi di riunirsi al terzo ramo del Bidente del Corniolo nel territorio comunitativo di S. Sofia.
    La qualità del suolo consiste in un’argilla schistosa, che si modifica spesso in arenaria in maniera da passare gradatamente al macigno. Questa trovasi talvolta alternante con la calcarea compatta, come avviene nella struttura geognostica della catena centrale dell’Appennino. Se non che dalla sinistra costa che acquapende verso l’Adriatico, e segnatamente fra il Savio e il Lamone, l’argilla schistosa può dirsi la roccia predominante. La quale, allorchè trovasi esposta all’azione delle meteore, ha sì debole grado di durezza che alla superficie si sfoglia, si stritola, diviene polverulenta, del colore delle marne cenerognole, consimile di aspetto a quelle che ricuoprono le colline subappennine dal lato del Mediterraneo.
    In pochi luoghi, e questi più costantemente sulla cima dei monti e nei punti culminanti delle valli trasversali, mi accadde di trovare l’arenaria macigno che la non fosse accompagnata dall’argilla schistosa, con la quale una con l’altra s’immedesima in maniera da passare allo schisto siliceo o argilloso fissile, adoprato da quegl’Appenninigeni per cuoprire i tetti delle loro case.
    Un’altra particolarità geologica incontrasi in questa parte di Appennino, quella cioè di trovare spoglie di grandi ostriche, e di varie altre specie di crostacei fossili, nelle prime diramazioni dell’Appennino, siccome le vidi rinchiuse fra le argille schistose nel vallone superiore di Rondinaja, poche miglia sotto alla catena centrale.
    Anche il calcareo compatto, conosciuto fra noi sotto i nomi di
    Alberese e di pietra
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    Colombina, s’incontra di rado costà scevro e non incorporato o subalterno ad una delle due rocce prenominate.
    Vero è che in una montagna fra il Trivio, il Comero e le Balze appariscono grandissime scogliere, e sconnesse rupi di un calcareo candido di grana serrata e finissima noto nel paese sotto nome di
    Sassoni, quale sarà descritto all’articolo VERGHERETO, nella di cui Comunità esse rupi trovansi situate.
    L’indole argillosa che predonima nel terreno del Vicariato di Bagno spiega facilmente le cause delle frequenti smotte che accadono lungo il corso del Savio, a cominciare dai contorni di Verghereto, situato esso stesso fra dirupate lame.
    Una delle più estese frane è quella seguita nelle primavera del 1811 in luogo detto
    Pian di Quarto nel confine dello Stato Pontificio fra i contrafforti settentrionali del Comero,e gli orientali del monte Mescolino. Costà si staccò una parte di monte precipitando nella valle, dove fece barriera al fiume in maniera che le acque correnti si rinchiusero in un profondissimo lago della larghezza di un miglio, e due di lunghezza. Il suo orlo però va gradatamente a sbassare, e proporzionatamente a ristringere la superficie dell’allagato terreno, mercè l’urto e l’erosione delle acque nel rialzato bacino. – Altra frana, sebbene di minor conto accadde nel marzo del 1827 sotto al Comero, la quale occupò una più angusta periferia.
    Il clima di Bagno è generalmente sano in tutte le stagioni dell’anno, forse un poco umido in alcuni mesi, a cagione delle nebbie che si arrestano in quelle profonde gole aumentate dai ristagni che in molti luoghi il Savio lascia lungo il suo corso.
    Negl’inverni ordinari la neve non suole trattenersi nella valle di Bagno, quantunque ne restino interrottamente per più o meno tempo rivestiti i monti che gli fanno corona da tutti
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    i lati, meno che nella direzione di grecale, dal qual vento le due Terre di Bagno, più che da altri, sogliono essere bersagliate.
    Contuttociò la qualità delle piante che costà allignano con frutto, almeno nei luoghi più difesi dalle meteoriche bufere, mostra a sufficienza la non affatto alpestre natura del clima di Bagno, nei cui contorni veggonsi frequenti e ben coltivati vigneti, piante di gelso che forniscono un ramo di risorsa, specialmente agli abitanti di S. Piero in Bagno, molti alberi da frutto, de’quali il più copioso è il castagno, e il più scarso l’ulivo.
    Non dirò dei campi coltivati a granaglie, e a formentone, o
    mais, il quale fornisce il pane e la sussistenza maggiore ai villici della Romagna Granducale.
    La risorsa però maggiore del paese e Vicariato di Bagno consiste nella pastorizia del gregge lanuto, del bovino e porcino, come quella che distinse la sassinatense contrada sino dai tempi Romani,
    Sassina dives lactis.
    In quanto ai boschi sono famose le Faggiole e le Abetine, dalle quali è maestosamente rivestita la criniera di quest’Appennino, siccome lo era allora che ne fu donata una buona parte a S. Romualdo per le Badie di Prataglia e di Verghereto, senza contare quelle estesissime alle sorgenti del Bidente possedute dai nobili di Valbona, innanzi che per ribellione le seguestrasse, e quindi la Repubblica fiorentina le concedesse ai Consoli dell’arte della lana e all’Opera di S. Maria del Fiore, fra le possessioni della qual’Opera sino dal secolo XV sono conservate. Spogliata è rimasta del suo abito naturale una gran parte dello stesso Appennino nelle diramazioni settentrionali, dove più che altrove apparisce visibile la causa delle smotte per mancanza di alberi e di radici che colleghino e tenghino fermo quell’argilloso terreno.
    Varie strade comunitative, ed una anche provinciale, sono aperte nel territorio
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    di Bagno, ma tutte mulattiere e pedonali, ad eccezione di pochi tratti, come quello fra le Terre di Bagno e di S. Piero. La meno malagevole è quella che dalla Valle dell’Arno Casentinese rimonta alle sorgenti del Corsalone fra l’Alvernia e Camaldoli, e di là per il giogo del monte Calvano scende per tortuosi giri alle radici dell’Appennino lungo il fiume Savio per passare al capoluogo e a S. Pietro in Bagno. Costà la via si dirama in tre direzioni; a levante per Verghereto e Pieve di S. Stefano in Val Tiberina; a greco per Sorbano e Sarsina nello Stato di Urbino; a maestro per S. Sofia e Galeata nella Romagna Pontificia.
    Una contrada isolata per natura, e sfornita di mezzi atti a facilitare le comunicazioni con le province limitrofe e con la madre patria, non può sentire grande stimolo di accrescere e migliorare con le arti agrarie i prodotti della sua pastorizia e le industrie manifatturiere. – A fronte di tutto ciò non mancano costà i mestieri necessari, oltre uno che può dirsi proprio del paese. Questo consiste nei lavori di tornio cavati dai legni di carpine, di acero e di faggio, molti dei quali sono di figura elegante e delicatissima. Nelle due Terre di Bagno il minuto popolo trae una gran risorsa da simile manifattura, che dispensasi per la Toscana e nelle Stato limitrofo.
    A S. Piero in Bagno trovasi una fornace di terraglie ordinarie, una concia di pelli, e due fabbriche di cappelli di pelo. Il mercato settimanale, che cade in mercoledì, si tiene in S. Piero in Bagno, come in luogo più aperto, più centrale, più popolato e vicinissimo alla residenza del giusdicente, e degli Ufizi amministrativi.
    A S. Piero in Bagno si contano 4 fiere: nel 2° lunedi di maggio; nel lunedi della prima settimana di
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    luglio; nel 1° di agosto; nel mercoledi della I settimana di settembre.
    Un'altra fiera di grand’esito di bestiame porcino e bovino si pratica sul confine fra i due Stati nel 12 di settembre, al luogo denominato S.
    Uberto.
    Per l’istruzione pubblica la Comunità mantiene, tanto in S. Maria in Bagno quanto in S. Piero, un maestro di scuola elementare, e per la salute pubblica due medici, e due chirurghi. Nel capoluogo havvi eziandio un piccolo Teatro.
    Il Vicario R. ha la giurisdizione civile e criminale nella Comunità in cui risiede, in quella di Sorbano, e dal 1828 in poi, nell’altra di Verghereto. Per quel che spetta agli atti di polizia e governativi lo stesso giusdicente corrisponde col presidente del Buon Governo a Firenze, nel cui circondario è la rota per le cause di Appello.
    Havvi in Bagno la Cancelleria della stessa Comunità e di quella di Sorbano, cui presiede un Cancelliere di 4.a classe con l’aiuto. Vi è pure un’Ufizio per l’esazione del Registro. La conservazione dell’ipoteche risiede in Modigliana, dov’è pure l’Ingegnere del suo Circondario.
    Fra gli uomini distinti, Bagno conta un Teofilo
    Biozzi abate Camald., un Lorenzo Salvetti Diplomatico, un Giuseppe Pigri Meccanico; ma tutti cedono per fama a Basilio Nardi d’Avelaneta del popolo di Bagno, il quale, nel 1501, con la sua cocolla Abbaziale brandì la spada per mettersi alla testa dell’esercito fiorentino, e respingere dall’Appennino di Romagna e del Casentino le masnade del duca Valentino, e di Pietro di Lorenzo de’Medici, venute in Toscana a danno della Repubblica.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di BAGNO in Romagna a tre epoche diverse

    Popolazione
    dell’anno 1833

    -nome del luogo: BAGNO, titolo della chiesa: S. Maria (Arcipretura), diocesi alla quale appartiene: Bagno Nullius ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 882
    -nome del luogo:
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    Careste, titolo della chiesa: S. Andrea (Cura), diocesi alla quale appartiene: Sarsina, abitanti n° 65
    -nome del luogo: Casanuova, titolo della chiesa: S. Maria del Carmine (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 157
    -nome del luogo: Corzano, titolo della chiesa: S. Pietro in Vinculis (Prepositura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 1236
    -nome del luogo: Crocedevoli, titolo della chiesa: S. Egidio (Cura), diocesi alla quale appartiene: Galeata Nullius, ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 141
    -nome del luogo: Croce Santa, titolo della chiesa: S. Salvatore (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 419
    -nome del luogo: Fontechiusi, titolo della chiesa: S. Silvestro (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 354
    -nome del luogo: Larciano, titolo della chiesa: S. Martino (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 110
    -nome del luogo: Monte Granelli, titolo della chiesa: S. Biagio (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 239
    -nome del luogo: Monte Guidi, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 257
    -nome del luogo: Paganico, titolo della chiesa: S. Michele (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 107
    -nome del luogo: S. Paolo a Castello, titolo della chiesa: Succursale di Monte Granelli, diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 100
    -nome del luogo: Pietra pazza, titolo della chiesa: S. Eufemia (Cura), diocesi alla quale appartiene: Galeata ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 203
    -nome del luogo: Poggio alla Lastra, titolo della chiesa: SS. Pietro e Apollinare (Cura), diocesi alla quale appartiene: Galeata ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 216
    -nome del luogo:
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    Ridracoli in Val Bona, titolo della chiesa: SS. Martino e Lorenzo (Cura), diocesi alla quale appartiene: Galeata ora S. Sepolcro, abitanti n° 261
    -nome del luogo: Rio salso, titolo della chiesa: S. Salvatore (Cura), diocesi alla quale appartiene: Galeata ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 108
    -nome del luogo: Rondinaja, titolo della chiesa: S. Margherita (Cura), diocesi alla quale appartiene: Galeata ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 117
    -nome del luogo: Ruscello, titolo della chiesa: S. Mamante (Cura), diocesi alla quale appartiene: Sarsina,
    abitanti n° 95
    -nome del luogo: Sajaccio, titolo della chiesa: S. Martino (Cura), diocesi alla quale appartiene: Sarsina,
    abitanti n° 126
    -nome del luogo: Selvapiana, titolo della chiesa: S. Quirico (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 662
    -nome del luogo: Strabatenza, titolo della chiesa: S. Donato (Cura), diocesi alla quale appartiene: Galeata ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 205
    -nome del luogo: Vessa, titolo della chiesa: S. Bartolommeo (Cura), diocesi alla quale appartiene: Bagno ora S. Sepolcro,
    abitanti n° 206
    -Somma, abitanti n° 6266

    Frazioni di popolazione di Parrocchie situate fuori della Comunità di BAGNO

    -nome del luogo: S. Paolo in Alpe, titolo della chiesa: S. Paolo, comunità nella quale è situata: Premilcuore, abitanti n° 26
    -nome del luogo: Civorio, titolo della chiesa: S. Apollinare, comunità nella quale è situata: Stato Pontificio,
    abitanti n° 22
    -nome del luogo: Raggio, titolo della chiesa: S. Paterniano, comunità nella quale è situata: S. Sofia,
    abitanti n° 29
    -nome del luogo: Donicilio, titolo della chiesa: S. Salvatore, comunità nella quale è situata: Verghereto,
    abitanti n° 56
    -Somma,
    abitanti n° 133

    -TOTALE,
    abitanti n° 6399

    Popolazione della Comunità di BAGNO all’anno 1551,
    abitanti n° 8456
    Popolazione della Comunità di BAGNO all’anno 1745,
    abitanti
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    n° 4340

    BAGNO IN ROMAGNA nella Valle del Senio – Si aggiunga in fine – La Cancelleria comunitativa di Bagno attualmente abbraccia anche il territorio della Comunità di VERGHERETO ed il suo Vicario R. provvede alla Comunità medesima e a quella di Sorbano peri il civile come pure per il criminale. Rispetto agli atti di polizia quel vicario dipende dal Commissario R. della Rocca S. Casciano dove risiede il suo tribunale di Prima istanza.
    La popolazione della Comunità di Bagno nel 1833 con le sue frazioni era di 6399 abitanti e nel 1815 saliva a 6881 abitanti, cioè:

    BAGNO (S. Maria Arcipretura), Abitanti N.° 920
    Careste,
    Abitanti N.° 87
    Casanuova,
    Abitanti N.° 183
    Corzano,
    Abitanti N.° 1310
    Crocedevoli,
    Abitanti N.° 138
    Crocesanta,
    Abitanti N.° 459
    Forttechiusi,
    Abitanti N.°, 374
    Lardano,
    Abitanti N.° 116
    Montegranelli,
    Abitanti N.° 264
    Monteguidi,
    Abitanti N.° 306
    Paganico,
    Abitanti N.° 119
    S. Paolo a Castello,
    Abitanti N.° 121
    Pietrapazza,
    Abitanti N.° 226
    Poggio alla Lastra,
    Abitanti N.° 222
    Ridracoli (
    porzione), Abitanti N.° 297
    Rio Salso
    , Abitanti N.° 117
    Rondinaja,
    Abitanti N.° 136
    Ruscello,
    Abitanti N.° 108
    Sajaeeio
    , Abitanti N.° 133
    Selvapiana,
    Abitanti N.° 523
    Strabatenza,
    Abitanti N.° 227
    Vessa,
    Abitanti N.° 226

    Annessi

    Alpe (S. Paolo); da Premilcore, Abitanti N.° 27
    Domicilio;
    da Verghereto, Abitanti N.° 75
    Raggio;
    da Santa Sofia, Abitanti N.°44

    Dalle Parrocchie Estere

    Bucchio, Abitanti N.° 17
    Civorio,
    Abitanti N.° 32
    Spinello,
    Abitanti N.° 44
    TOTALE,
    Abitanti N.° 6881
Localizzazione
ID: 7
N. scheda: 4780
Volume: 1; 6S
Pagina: 5 - 6, 233 - 240; 19
Riferimenti: 10, 4850
Toponimo IGM: Bagno
Comune: BAGNO DI ROMAGNA
Provincia: FC
Quadrante IGM: 108-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1738028, 4857976
WGS 1984: 11.96159, 43.83806
UTM (32N): 738092, 4858150
Denominazione: Bagno in Romagna - Abazia di Bagno (S. Maria) - Bagno di S. Agnese - Acque minerali
Popolo: S. Maria in Bagno
Piviere: S. Maria in Bagno
Comunità: Bagno in Romagna
Giurisdizione: Bagno in Romagna
Diocesi: (Sarsina, Nullius di Bagno) - Sansepolcro
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana (Romagna Granducale)
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